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Qualche settimana fa pubblico un articolo dal titolo “Posso impedire al mio ex di vedere mio figlio con la nuova compagna?”. A corredo dell’articolo c’è una mia foto. Chi legge il testo non ha dubbi e comprende di cosa sto parlando. Ma c’è anche chi su Facebook, vedendo la mia foto, il titolo e sorvolando sulla voce che specifica “dal blog di Avvocato del Cittadino” scambia me per la persona che ha posto la domanda che fa da titolo all’articolo. E prende un’univoca posizione: la richiesta è sbagliata e la persona ritratta in foto va condannata. Anzi, insultata.
“Bastarda”, “ignorante”, “vaff..”. “putt…”… e così via a crescere. Queste sono alcune delle offese più soft di chi, per la probabile consuetudine dettata dal meccanismo che i social innescano, non spreca tempo a leggere. Ma lo investe a scrivere. Senza capire. Ed allo scambio di persona, associa un altro errore. Più grave. Il reato di diffamazione.
In ogni caso, più delle offese gratuite è stata un’altra circostanza a stupirmi: alla gogna pubblica hanno partecipato esclusivamente persone “mature”, con un’età che più o meno va dai 40 fino ai 60 anni. Ora io mi chiedo: come possono una madre, un padre, un nonno (!) esprimersi con parolacce su un social network? Come si può pensare che basti il filtro di uno schermo per esporre come un trofeo la propria maleducazione, meschinità e frustrazione?
Un genitore che scrive parolacce su Facebook io non lo accetto. Non lo accetto perché il mio pensiero va proprio a lui quando, sempre più frequentemente, leggo di episodi di bullismo o peggio ancora di cyberbullismo: se una madre è la prima a non farsi il problema a dare della “str..”o della “putt..” ad un’altra donna su un social, sua figlia, cosa deve capire? Che è lecito, o peggio, che è normale, comportarsi così con gli altri?
Le persone, dietro la loro tastiera si amalgamano. Si schierano. Diventano quello che sono ed a volte anche quello che non sono, purché il risultato sia sfogare la propria frustrazione con qualche commento che, in faccia, non potrebbe esser pronunciato. Dico questo perché, come scritto nell’articolo, la domanda che faceva da titolo all’articolo mi viene posta da una persona su cinque …strano che su Facebook tutto si trasformi!
Il fraintendimento posto in essere da chi non ha letto l’articolo, non è una giustificazione per chi ha commentato con delle offese. Questo perché anche un’eventuale diritto di critica, non può oltrepassare certi limiti. E soprattutto non può oltrepassare il limite del rispetto della dignità altrui. Nella vita tutto si può dire, anche i concetti più scomodi possono essere espressi, ma con educazione. E rispetto. Facebook non è una giungla, né una gogna, né una terra di nessuno. Quello che si scrive è sempre rintracciabile. Verba volant, scripta manent … e chi è avvezzo a inserire commenti offensivi è importante che sappia che tastiere e schermi non sono i nascondigli sicuri che sembrano.
Torneremo ancora a parlare di questi temi, a prestissimo!
Emanuela Astolfi