NIENTE CONDANNA PER IL MARITO CHE RIDUCE ASSEGNO ALLA EX MOGLIE

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Secondo l’art. 570 c.p., commette violazione degli obblighi di assistenza familiare chiunque, abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge.

Allo Sportello Famiglia di Avvocato del Cittadino si rivolgono spesso persone disperate per i ritardi del coniuge nella corresponsione dell’assegno di mantenimento o, peggio ancora, per le omissioni o le riduzioni nei versamenti.

Va subito detto che, come stabilisce il sopra citato art. 570 c.p., versare l’assegno a singhiozzi o in maniera sporadica è reato. Infatti, gli obblighi di assistenza familiare non vengono meno con lo scioglimento del matrimonio: gli impegni di natura economica devono essere rispettati in maniera rigorosa, onorando sia le prescrizioni temporali che quelle attinenti agli importi stabiliti in sede di separazione o divorzio. Non scrimina, la circostanza per la quale le inadempienze siano state occasionali.

Eppure, in questi giorni, la Corte di Cassazione, precisamente con la sentenza n. 23010/2016, non ha confermato la condanna (a due mesi di carcere e multa) ad un marito che, per 7 mesi, ha autonomamente deciso di ridurre il mantenimento in favore della ex consorte e dei figli.

Secondo la Cassazione, la diminuzione dell’assegno – avvenuta per un breve periodo e senza che la moglie abbia dimostrato lo stato di bisogno nel periodo dell’inadempimento –  non è sufficiente a configurare la responsabilità penale del marito.  

Dunque, se l’autoriduzione avviene per un breve lasso di tempo e non si dimostra lo stato di bisogno, la condotta non è penalmente rilevante. La Suprema Corte ha infatti ravvisato “una sostanziale inesistenza di un effettivo stato di bisogno dei destinatari dei versamenti – posto che lo stesso va tenuto – distinto dall’obbligo di mantenimento ed individuato in quanto è necessario per la sopravvivenza, sia pure con la valutazione di altre complementari esigenze quali abbigliamento, istruzione, abitazione, mezzi di trasporto e simili […]non pare adeguatamente motivata la circostanza della sussistenza dello stato di bisogno della moglie e dei figli minori“.

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Emanuela Astolfi

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